PRENDERE DUE
PICCIONI
con Aroldo
Marinai
Ce n’è tanti, di
bravi scrittori che invecchiano male. Parecchi. E il franco-boemo di buona fama
autore dell’insostenibile leggerezza dell’essere, non fa eccezione. Il suo
ultimo libro, la sua più recente fatica - dove fatica lo uso in termine
proprio, facendo partecipi anche le energie del lettore – è fieramente
sbandierato dalla fascetta di copertina come “prima edizione mondiale”. A
Firenze siamo poco rispettosi d’ogni cosa, in questi casi si dice “tirati su le
ciocce”. Insomma di che si tratta. Un
gruppetto di amici più o meno frivoli si riunisce per una festa di compleanno.
Eccetera.
Invece c’è anche
chi invecchia meglio, tra gli scrittori. Per esempio Péter Estherázy, ungherese
del 1950, aveva cantato il requiem per la madre deceduta nel 1985, e ora la fa
rinascere. Non solo la riporta in vita ma le appioppa una passione calcistica e
un idillio con il leggendario Puskàs. Il libro è una miniera di citazioni per
cronisti e appassionati di sport. Agli occhi della mamma l’apice della gloria
letteraria del figlio giunge con la stretta di mano di Beckenbauer. Il
fuorigioco non è una cosa da bambini. La chiacchiera all’in piedi a bordo campo
fa parte del gioco, è già gioco del calcio.
I quattro amici di
Kundera dunque organizzano un cocktail, invitano un po’ di signore e signorine,
sembrano tutti un po’ fatti come ai bei tempi degli spinelli, ma siamo ai
nostri giorni. Si ciancia su questo, si ciancia su quello, vuotaggini. Oddìo, l’autore
cerca di speziare la frittatina introducendo un paio di carrellate all’indrè.
C’è il tipo che fantastica sulla madre che l’ha abbandonato infante perché in
realtà non lo desiderava, e lui ci intesse dialoghi e la rende protagonista di
fantasie invadenti. E c’è il vecchio Stalin-Baffone che fa lo spiritoso e non è
mica morto, no, è vivo vegeto e scorrazzante per le vie di Kaliningrad o di
Parigi. Ma per favore.
Calcio a parte,
come non condividere che fra le cose più belle al mondo ci sia il triangolo
della mutandina che traspare sotto il camice bianco delle infermiere?
Immaginiamo un campo di calcio triangolare… (sto citando Esterházy). Alla fine un
ex attaccante sbevucchione investito dal treno ripete ai suoi soccorritori una
sola frase gorgogliata nel sangue “l’ha assegnato?” “l’ha assegnato?”. Prima
che spiri solo una persona capisce e lo può consolare “l’ha assegnato, lo
stronzo, non temere vecchio mio, era fallo netto e all’interno dell’area di
rigore”. La scrittura è felice e disordinatissima secondo la lezione di Joyce
rivista e aggiornata, non sempre proprio il massimo della scorrevolezza.
Milan Kundera – La festa
dell’insignificanza. Adelphi, 16 euro. (Insulso. Soldi
buttati)
Pèter Esterházy – Non c’è arte. Feltrinelli. 16 euro. (bella copertina.
Lettura a vostro rischio)
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